domenica 28 febbraio 2010
sabato 27 febbraio 2010
venerdì 26 febbraio 2010
giovedì 25 febbraio 2010
mercoledì 24 febbraio 2010
martedì 23 febbraio 2010
lunedì 22 febbraio 2010
domenica 21 febbraio 2010
lettera di un aquilana a Minzolini
Al Direttore del TG1
Dott. Augusto Minzolini
Egregio dott. Minzolini,
mi presento: mi chiamo Giusi Pitari e sono una cittadina aquilana.
Le invio con la presente alcune osservazioni sul servizio mandato in onda oggi nell’edizione del suo TG delle ore 13,30, riguardante la protesta degli aquilani.
Il servizio tratta brevemente della manifestazione riportando alcune delle nostre voci (pochi secondi). Subito dopo parte il vostro commento che, in sintesi, dipinge gli aquilani come esasperati (non siete i primi) e poi dimentichi del fatto che le priorità finora sono state altre.
Le chiedo: si è chiesto perché siamo esasperati? Pensa che chi ha vissuto quel tremendo sisma non abbia ben a mente quali erano e sono le priorità?
Senza andare per le lunghe le indico alcuni numeri (sono sul sito della protezione civile e si riferiscono alla data del 22 gennaio e ad oggi potrebbero essere cambiati, ma l’esasperazione è nata prima di oggi):
• Cittadini aquilani In Autonoma Sistemazione 30.636 (questi sono i cittadini che non avendo la possibilità di rientrare in casa, hanno trovato una sistemazione in maniera autonoma e percepiscono un piccolo contributo mensili che, tra l’altro, è fermo al mese di ottobre)
• Cittadini aquilani nel progetto C.A.S.E 12.059: si tratta dei cittadini la cui casa è risultata inagibile per danni strutturali (abitante sia in centro che in periferia) e quindi hanno avuto accesso alle nuove abitazioni, quelle delle new-town, insomma quelle del miracolo aquilano (il progetto faraonico)..
• Cittadini aquilani sistemati in moduli abitativi provvisori (M.A.P.) 2.362
• Cittadini sistemati in alberghi/caserme a L’Aquila 10.128: cittadini che aspettano una sistemazione nel progetto C.A.S.E., M.A.P. o altrove (?)
• Cittadini in albergo fuori provincia 6.195: cittadini della stessa tipologia del punto precedente.
• Cittadini in case in affitto concordato 2.241 (cittadini che hanno preferito una casa in affitto a quelle del progetto faraonico)
Facciamo la somma: 63621
Qualcuno manca all’appello e sono coloro che sono rientrati nelle case agibili più alcuni, non pochi, cosiddetti invisibili.
Perché le invio questi dati? E’ presto detto. Gli aquilani sono esasperati perché da quei dati, un occhio leggermente attento, come dovrebbe essere quello di un giornalista, comprende che il grande miracolo aquilano (quelle da voi definite priorità che noi non ricordiamo) si riferisce ad oggi a 12000 persone circa su 70000 e forse più (ho sottratto anche le persone che si trovano in MAP, soluzioni veramente provvisorie e assai meno costose). Percentualmente fa il 17% circa della popolazione.
Le 30000 persone circa che si sono sistemate autonomamente chi sono secondo lei?
Glielo dico io: sono sfollati, che ancora non rientrano nelle proprie case e sono in affitto da qualche parte, ospiti di parenti, amici, insomma ammucchiati da qualche parte. Il miracolo aquilano, a 10 mesi dal sisma, comprende ancora 30000 sfollati: cioè il 42% dei 70000 considerati. Naturalmente a questi dobbiamo aggiungere chi è ancora in albergo , circa 16000, cioè 46000 cittadini, più del 50% della popolazione aquilana che dal sisma ha subito danni nelle abitazioni.
Come mai risultano ancora sfollati tutti questi cittadini? Alcuni sono in attesa di entrare nelle new town (che ancora non vengono completate, sempre a proposito di miracolo) e poi ci sono migliaia di cittadini che hanno avuto nelle proprie case danni non strutturali e non possono rientrare ancora. La ricostruzione, infatti, è ripartita lentissimamente, nelle case che non si trovano nel centro storico, aggrovigliata da voluminosissimi carteggi. Per il centro storico non si hanno neanche le linee guida e le macerie stanno marcendo.
Dunque, se tutti gli sforzi del governo, tramite la Protezione Civile, fossero andati da subito per ripristinare le nostre case parzialmente danneggiate, ora molti cittadini abiterebbero i propri appartamenti e, dato che molte abitazioni parzialmente danneggiate risultavano sfitte al 6 aprile dello scorso anno, molti dei 12000 aquilani, ora residenti nelle nuove case, avrebbero trovato posto in case già esistenti. I MAP avrebbero completato il miracolo.
Ora comprende perché siamo esasperati? Non ancora completamente, in realtà.
Le devo ancora parlare della situazione economica:
• l’università con i suoi 10000 studenti fuori sede, che sono da sempre la ricchezza culturale, vitale e, non ultimo, economica della città, al momento non hanno alloggi, né mense adeguate, né tanto meno sale studio e punti ricreativi; viaggiano e il disagio che stanno subendo ci fa temere che per il prossimo anno accademico si avrà una cospicua diminuzione degli iscritti;
• le imprese che non hanno gli adeguati strumenti economici per poter continuare le loro attività
• i commercianti , gli artigiani, i professionisti, sul lastrico, per l’impossibilità di far ripartire le loro attività
• la mancanza di certezze riguardo ai fondi necessari per ricostruire e far ripartire la città
• il buoi totale che riguarda la tassa di scopo e la zona franca
• l’abbandono dei paesi
• eccetera
Forse ora potrà cominciare a comprendere la nostra esasperazione. Ma non è tutto.
Noi siamo esasperati dalla disinformazione perpetrata in questi mesi, dall’essere dipinti come ingrati ed esaltati, come persone che sono state accudite, che si lamentano, che non hanno compreso la catastrofe, comunisti…
La invito caldamente, ad esercitare la sua professione secondo il codice deontologico del suo ordine professionale e, quindi, a venire qui per verificare come stanno le cose o, se vuole, a mandare in onda quello che alcuni suoi giornalisti hanno registrato qui a L’Aquila.
In ultimo, per cercare di aiutarla a comprendere, traspongo la nostra situazione su un’altra città: Firenze. E chiedo perdono ai fiorentini e alla loro magica città.
“Firenze devastata da un sisma di 6.3°. S. Maria Novella, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti sventrati e abbandonati da dieci mesi. Il centro storico, distrutto, resterà chiuso sine die. Poco male: sarà sostituito da decine di “new towns” modernissime con le fogne che scaricano nell'Arno. Metà dei cittadini ancora senza casa, negli alberghi dell'Argentario e della Versilia. La TV esalta il miracolo fiorentino”. Cosa avrebbe pensato?
Amareggiata, le invio
Distinti saluti
Giusi Pitari
Dott. Augusto Minzolini
Egregio dott. Minzolini,
mi presento: mi chiamo Giusi Pitari e sono una cittadina aquilana.
Le invio con la presente alcune osservazioni sul servizio mandato in onda oggi nell’edizione del suo TG delle ore 13,30, riguardante la protesta degli aquilani.
Il servizio tratta brevemente della manifestazione riportando alcune delle nostre voci (pochi secondi). Subito dopo parte il vostro commento che, in sintesi, dipinge gli aquilani come esasperati (non siete i primi) e poi dimentichi del fatto che le priorità finora sono state altre.
Le chiedo: si è chiesto perché siamo esasperati? Pensa che chi ha vissuto quel tremendo sisma non abbia ben a mente quali erano e sono le priorità?
Senza andare per le lunghe le indico alcuni numeri (sono sul sito della protezione civile e si riferiscono alla data del 22 gennaio e ad oggi potrebbero essere cambiati, ma l’esasperazione è nata prima di oggi):
• Cittadini aquilani In Autonoma Sistemazione 30.636 (questi sono i cittadini che non avendo la possibilità di rientrare in casa, hanno trovato una sistemazione in maniera autonoma e percepiscono un piccolo contributo mensili che, tra l’altro, è fermo al mese di ottobre)
• Cittadini aquilani nel progetto C.A.S.E 12.059: si tratta dei cittadini la cui casa è risultata inagibile per danni strutturali (abitante sia in centro che in periferia) e quindi hanno avuto accesso alle nuove abitazioni, quelle delle new-town, insomma quelle del miracolo aquilano (il progetto faraonico)..
• Cittadini aquilani sistemati in moduli abitativi provvisori (M.A.P.) 2.362
• Cittadini sistemati in alberghi/caserme a L’Aquila 10.128: cittadini che aspettano una sistemazione nel progetto C.A.S.E., M.A.P. o altrove (?)
• Cittadini in albergo fuori provincia 6.195: cittadini della stessa tipologia del punto precedente.
• Cittadini in case in affitto concordato 2.241 (cittadini che hanno preferito una casa in affitto a quelle del progetto faraonico)
Facciamo la somma: 63621
Qualcuno manca all’appello e sono coloro che sono rientrati nelle case agibili più alcuni, non pochi, cosiddetti invisibili.
Perché le invio questi dati? E’ presto detto. Gli aquilani sono esasperati perché da quei dati, un occhio leggermente attento, come dovrebbe essere quello di un giornalista, comprende che il grande miracolo aquilano (quelle da voi definite priorità che noi non ricordiamo) si riferisce ad oggi a 12000 persone circa su 70000 e forse più (ho sottratto anche le persone che si trovano in MAP, soluzioni veramente provvisorie e assai meno costose). Percentualmente fa il 17% circa della popolazione.
Le 30000 persone circa che si sono sistemate autonomamente chi sono secondo lei?
Glielo dico io: sono sfollati, che ancora non rientrano nelle proprie case e sono in affitto da qualche parte, ospiti di parenti, amici, insomma ammucchiati da qualche parte. Il miracolo aquilano, a 10 mesi dal sisma, comprende ancora 30000 sfollati: cioè il 42% dei 70000 considerati. Naturalmente a questi dobbiamo aggiungere chi è ancora in albergo , circa 16000, cioè 46000 cittadini, più del 50% della popolazione aquilana che dal sisma ha subito danni nelle abitazioni.
Come mai risultano ancora sfollati tutti questi cittadini? Alcuni sono in attesa di entrare nelle new town (che ancora non vengono completate, sempre a proposito di miracolo) e poi ci sono migliaia di cittadini che hanno avuto nelle proprie case danni non strutturali e non possono rientrare ancora. La ricostruzione, infatti, è ripartita lentissimamente, nelle case che non si trovano nel centro storico, aggrovigliata da voluminosissimi carteggi. Per il centro storico non si hanno neanche le linee guida e le macerie stanno marcendo.
Dunque, se tutti gli sforzi del governo, tramite la Protezione Civile, fossero andati da subito per ripristinare le nostre case parzialmente danneggiate, ora molti cittadini abiterebbero i propri appartamenti e, dato che molte abitazioni parzialmente danneggiate risultavano sfitte al 6 aprile dello scorso anno, molti dei 12000 aquilani, ora residenti nelle nuove case, avrebbero trovato posto in case già esistenti. I MAP avrebbero completato il miracolo.
Ora comprende perché siamo esasperati? Non ancora completamente, in realtà.
Le devo ancora parlare della situazione economica:
• l’università con i suoi 10000 studenti fuori sede, che sono da sempre la ricchezza culturale, vitale e, non ultimo, economica della città, al momento non hanno alloggi, né mense adeguate, né tanto meno sale studio e punti ricreativi; viaggiano e il disagio che stanno subendo ci fa temere che per il prossimo anno accademico si avrà una cospicua diminuzione degli iscritti;
• le imprese che non hanno gli adeguati strumenti economici per poter continuare le loro attività
• i commercianti , gli artigiani, i professionisti, sul lastrico, per l’impossibilità di far ripartire le loro attività
• la mancanza di certezze riguardo ai fondi necessari per ricostruire e far ripartire la città
• il buoi totale che riguarda la tassa di scopo e la zona franca
• l’abbandono dei paesi
• eccetera
Forse ora potrà cominciare a comprendere la nostra esasperazione. Ma non è tutto.
Noi siamo esasperati dalla disinformazione perpetrata in questi mesi, dall’essere dipinti come ingrati ed esaltati, come persone che sono state accudite, che si lamentano, che non hanno compreso la catastrofe, comunisti…
La invito caldamente, ad esercitare la sua professione secondo il codice deontologico del suo ordine professionale e, quindi, a venire qui per verificare come stanno le cose o, se vuole, a mandare in onda quello che alcuni suoi giornalisti hanno registrato qui a L’Aquila.
In ultimo, per cercare di aiutarla a comprendere, traspongo la nostra situazione su un’altra città: Firenze. E chiedo perdono ai fiorentini e alla loro magica città.
“Firenze devastata da un sisma di 6.3°. S. Maria Novella, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti sventrati e abbandonati da dieci mesi. Il centro storico, distrutto, resterà chiuso sine die. Poco male: sarà sostituito da decine di “new towns” modernissime con le fogne che scaricano nell'Arno. Metà dei cittadini ancora senza casa, negli alberghi dell'Argentario e della Versilia. La TV esalta il miracolo fiorentino”. Cosa avrebbe pensato?
Amareggiata, le invio
Distinti saluti
Giusi Pitari
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giovedì 4 febbraio 2010
mercoledì 3 febbraio 2010
martedì 2 febbraio 2010
italia la normale fine di un operaio
Niente stipendio da agosto, si è ucciso dandosi fuoco Un’azienda fantasma e la "rete impossibile" dei controlli
Sergio Marra non si è tolto la vita per aver perso il posto il lavoro. Sergio Marra da agosto dell’anno scorso lavorava senza prendere il becco di un quattrino. E l’azienda – la Elgicolor Plast Srl di Ciserano – non gli versava neppure i cedo-lini paga. Sarebbe stato quindi troppo difficile – se non impossibile – per l’operaio (e per altri tre colleghi) dimostrare che lui, comunque, aveva sempre continuato a lavorare. Solo a novembre aveva deciso di sottoscrivere le dimissioni per giusta causa come gli avevano consigliato alla Cgil di Bergamo. Marra fino al momento della tragica decisione di darsi fuoco in una piazzola lungo laprovinciale tra Brembate e Marne di Filago era solo uno dei tanti (sempre di più) lavoratori vittima di proprietari che sfruttano lo sfruttabile. Crisi o no.
Siamo a Zingonia località in provincia di Bergamo; frazione dei comuni di Verzellino, Verdello, Boltiere, Osio Sotto e naturalmente Ciserano. Zingonia è frutto di un progetto urbano parzialmente realizzato negli anni Sessanta: la città per i lavoratori voluta dall’imprenditore Renzo Zingone.
Ci abitano circa 2 mila persone, in maggioranza lavoratori extracomunitari. Siamo in una delle aree del ricco nord Italia. Dove chi perde il lavoro diventa un emarginato. E dove il peso della responsabilità verso la propria famiglia spesso è troppo pesante da sopportare. Dove il senso dell’esistenza e la propria credibilità verso gli altri, il proprio vicino di casa, è indissolubilmente legata al lavoro più che in altre zone d’Italia dove magari c’è anche più solidarietà.
Sergio Marra però abitava in un quartiere di Bergamo assieme alla moglie. Non avevano figli ma tanti progetti ancora da realizzare. Sergio aveva 36 anni, era nel pieno del suo vigore. "Era un uomo buono, onesto che amava il suo lavoro" dice la moglie. Che non riesce a darsi pace. Tra di loro, la sera in casa, parlavano spesso di ciò che stava accadendo. Dello stipendio che non c’era, soprattutto. Ma la donna non avrebbe mai immaginato che il marito stesse pensando a qualcosa di così tragico. Cospargersi di benzina mettendo fine alla propria esistenza.
Sergio aveva iniziato a lavorare alla Elgicolor Plast, che ha sede in via Aosta, nell’aprile del 2008. Un’azienda che produce coloranti e manufatti "fallita" secondo alcune ricostruzioni. Situazione che però non risulta al sindacato. Alla Elgicolor Plast – alla richiesta di parlare con il titolare – riattaccano il telefono. Dopo una breve ricerca risulta tra l’altro che il proprietario ha anche una seconda ditta individuale sempre a Ciserano: la Atem che produce attrezzatura termo ed elettro tecnica. E qui i lavoratori non percepiscono lo stipendio da 7 mesi. Sono tutti spaventati dal "padrone" che neppure risponde ai decreti ingiuntivi emessi dallo studio che si occupa delle pratiche dei dipendenti. Non hanno alcuna voglia di parlarne.
Alcuni nel paese ricollegano lo stesso cognome a chi negli anni ’70 aveva pure fondato Telemeridiana, piccola televisione privata con sede sempre a Zingonia che ha cessato di esistere alla fine degli anni ‘80 cedendo i propri impianti a Rete Mia.
È questo il quadro in cui si colloca la vicenda di Sergio che solo dopo mesi di attesa aveva deciso di rivolgersi al sindacato. Aveva aspettato prima di scegliere l’ultima possibilità per riuscire a recuperare almeno qualche soldo.
"Inizialmente si erano presentati in tre, un capo reparto e due dipendenti – racconta Fausto Sottocornola dell’ufficio vertenze della Cgil di Bergamo – Non erano nostri iscritti e non avevamo mai sentito parlare di questa azienda prima di allora. Sergio mi ha raccontato la sua storia e abbiamo aperto la pratica per riuscire a recuperare qualche soldo. Non sarebbe stato facile senza buste paga. Abbiamo avviato un tentativo di conciliazione con l’impresa. Decorsi i 60 giorni (scaduti due settimane fa) aspettavamo una risposta dalla direzione provinciale del lavoro. Con Sergio ci saremmo dovuti risentire".
Purtroppo invece all’ufficio vertenze, di quell’uomo del quale a stento ricordano il viso, hanno avuto notizie solo sfogliando le pagine di cronaca dei quotidiani.
Da il Fatto Quotidiano del 2 febbraio
Sergio Marra non si è tolto la vita per aver perso il posto il lavoro. Sergio Marra da agosto dell’anno scorso lavorava senza prendere il becco di un quattrino. E l’azienda – la Elgicolor Plast Srl di Ciserano – non gli versava neppure i cedo-lini paga. Sarebbe stato quindi troppo difficile – se non impossibile – per l’operaio (e per altri tre colleghi) dimostrare che lui, comunque, aveva sempre continuato a lavorare. Solo a novembre aveva deciso di sottoscrivere le dimissioni per giusta causa come gli avevano consigliato alla Cgil di Bergamo. Marra fino al momento della tragica decisione di darsi fuoco in una piazzola lungo laprovinciale tra Brembate e Marne di Filago era solo uno dei tanti (sempre di più) lavoratori vittima di proprietari che sfruttano lo sfruttabile. Crisi o no.
Siamo a Zingonia località in provincia di Bergamo; frazione dei comuni di Verzellino, Verdello, Boltiere, Osio Sotto e naturalmente Ciserano. Zingonia è frutto di un progetto urbano parzialmente realizzato negli anni Sessanta: la città per i lavoratori voluta dall’imprenditore Renzo Zingone.
Ci abitano circa 2 mila persone, in maggioranza lavoratori extracomunitari. Siamo in una delle aree del ricco nord Italia. Dove chi perde il lavoro diventa un emarginato. E dove il peso della responsabilità verso la propria famiglia spesso è troppo pesante da sopportare. Dove il senso dell’esistenza e la propria credibilità verso gli altri, il proprio vicino di casa, è indissolubilmente legata al lavoro più che in altre zone d’Italia dove magari c’è anche più solidarietà.
Sergio Marra però abitava in un quartiere di Bergamo assieme alla moglie. Non avevano figli ma tanti progetti ancora da realizzare. Sergio aveva 36 anni, era nel pieno del suo vigore. "Era un uomo buono, onesto che amava il suo lavoro" dice la moglie. Che non riesce a darsi pace. Tra di loro, la sera in casa, parlavano spesso di ciò che stava accadendo. Dello stipendio che non c’era, soprattutto. Ma la donna non avrebbe mai immaginato che il marito stesse pensando a qualcosa di così tragico. Cospargersi di benzina mettendo fine alla propria esistenza.
Sergio aveva iniziato a lavorare alla Elgicolor Plast, che ha sede in via Aosta, nell’aprile del 2008. Un’azienda che produce coloranti e manufatti "fallita" secondo alcune ricostruzioni. Situazione che però non risulta al sindacato. Alla Elgicolor Plast – alla richiesta di parlare con il titolare – riattaccano il telefono. Dopo una breve ricerca risulta tra l’altro che il proprietario ha anche una seconda ditta individuale sempre a Ciserano: la Atem che produce attrezzatura termo ed elettro tecnica. E qui i lavoratori non percepiscono lo stipendio da 7 mesi. Sono tutti spaventati dal "padrone" che neppure risponde ai decreti ingiuntivi emessi dallo studio che si occupa delle pratiche dei dipendenti. Non hanno alcuna voglia di parlarne.
Alcuni nel paese ricollegano lo stesso cognome a chi negli anni ’70 aveva pure fondato Telemeridiana, piccola televisione privata con sede sempre a Zingonia che ha cessato di esistere alla fine degli anni ‘80 cedendo i propri impianti a Rete Mia.
È questo il quadro in cui si colloca la vicenda di Sergio che solo dopo mesi di attesa aveva deciso di rivolgersi al sindacato. Aveva aspettato prima di scegliere l’ultima possibilità per riuscire a recuperare almeno qualche soldo.
"Inizialmente si erano presentati in tre, un capo reparto e due dipendenti – racconta Fausto Sottocornola dell’ufficio vertenze della Cgil di Bergamo – Non erano nostri iscritti e non avevamo mai sentito parlare di questa azienda prima di allora. Sergio mi ha raccontato la sua storia e abbiamo aperto la pratica per riuscire a recuperare qualche soldo. Non sarebbe stato facile senza buste paga. Abbiamo avviato un tentativo di conciliazione con l’impresa. Decorsi i 60 giorni (scaduti due settimane fa) aspettavamo una risposta dalla direzione provinciale del lavoro. Con Sergio ci saremmo dovuti risentire".
Purtroppo invece all’ufficio vertenze, di quell’uomo del quale a stento ricordano il viso, hanno avuto notizie solo sfogliando le pagine di cronaca dei quotidiani.
Da il Fatto Quotidiano del 2 febbraio
io sono un'agenda rossa
Applicazioni
Adesione al Movimento Agende Rosse
IO SONO UNA AGENDA ROSSA
Organizzatore::
PER UNA NUOVA RESISTENZA
Tipo:
Incontri - Ritrovo
Rete:
Globale
Inizio:
mercoledì 3 febbraio 2010 alle ore 5.20
Fine:
mercoledì 2 giugno 2010 alle ore 23.55
Luogo:
Italia
Descrizione
, ti invito, con questo messaggio, a volere dare la tua adesione, se non lo hai già fatto, al Movimento delle Agende Rosse, adoperando a questo scopo il link allegato. Ti chiedo per questo di fornire alcuni dati che mi sono necessari per individuare, dal punto di vista territoriale, la dislocazione degli aderenti al movimento e per potere facilitare le comunicazioni tramite liste di distribuzione email dato che le comunicazioni attraverso FaceBook risultano particolarmente complesse per gruppi che superano i 5000 aderenti. Ti assicuro ovviamente che i dati forniti resteranno solo in mio possesso, che potranno essere cancellati nel momento in cui tu dovessi richiederlo e che verranno utilizzati solo per comunicazioni relative al nostro movimento.
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2425:form&catid=40:manifestazioni
Il movimento delle "Agende Rosse" è un movimento spontaneo a cui fino ad oggi non avevo voluto dare alcuna organizzazione ed alcuna veste ufficiale, è un movimento di giovani e meno giovani che hanno adottato questo simbolo per manifestare la loro rabbia e la loro voglia di Verità e di Giustizia.
Fino ad oggi quello che ora chiamano "il popolo delle Agende Rosse" era costituito prima da poche decine, poi da poche centinaia di giovani e meno giovani che venivano ai miei incontri e si indignavano con me a sentire la storia di questa agenda sottratta dalla macchina di Paolo Borsellino subito dopo la strage e mai più ritrovata, giovani e meno giovani che in ogni manifestazione in cui ci siamo ritrovati insieme in tante città d'Italia levavano in alto dei cartoncini rossi autocostruiti a rappresentare l'agenda, la loro rabbia e la loro voglia lottare per cambiare questo nostro disgraziato paese, perché finalmente venga fatta Giustizia.
Perché non ci può essere Giustizia, non si può credere nella Giustizia fino a quando non bastano, per arrivare alla fase dibattimentale di un processo, delle prove fotografiche e le riprese di una telecamera che mostrano chi dopo avere prelevato la borsa di Paolo che sicuramente quell'agenda conteneva, si allontana dalla macchina di Paolo ancora in fiamme,
Non bastano perché tutti i processi che potrebbero portare ai veri mandanti di quella strage devono essere fermati a costo di sbattere in faccia all'opinione pubblica sempre più distratta una sentenza di assoluzione assurda e un verdetto della Corte di Cassazione ancora più assurdo.
L'opinione pubblica è ormai distratta, assuefatta, rassegnata ma quei pochi esaltati con i loro cartoncini rossi levati in alto a poco a poco sono aumentati, sono diventati sempre di più, è cresciuta la loro rabbia e il 19 luglio di quest'anno è successo qualcosa di inaspettato.
E' bastata la loro presenza in Via DAmelio per fare si che, per la prima volta in 17 anni, gli avvoltoi che usavano venire ogni anno, in quel giorno, in Via D'Amelio ad assicurarsi che Paolo fosse veramente morto, si siano tenuti lontani e siano andati altrove a celebrare i loro riti di morte per un Giudice che non è morto ma è più vivo che mai nel cuore di quelle persone che alzano in segno di sfida, di rabbia e di amore le loro Agende Rosse.
Sono quelle stesse persone che, il 18 luglio, alle 15, sotto il sole a picco di Palermo quelle agende le hanno portate, su per le strade di pietra che da Via D'Amelio salgono al Castello Utveggio, un altro simbolo di Giustizia mancata e di Verità negata, e i massi lungo la strada sono stati riempiti di grandi scritte rosse che dicono "PAOLO VIVE" e le grida "FUORI LA MAFIA DALLO STATO", di "RESISTENZA" hanno rotto il silenzio di quel pomeriggio assolato lungo sentieri dove di solito si ascolta soltanto il frinire delle cicale.
E il 20 luglio quelle stesse Agende Rosse si sono ritrovate davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo per promettere ad Antonio Ingroia, a Nino Di Matteo, a Roberto Scarpinato, a Francesco Messineo, a Sergio Lari che sarebbero stati loro la loro scorta, che non avrebbero permesso che anche loro venissero eliminati, senza sangue ma con gli stessi vili metodi adoperati con Luigi De Magistris, con Clementina Forleo, con Gabriella Nuzzi, con l'intera procura di Salerno.
Poi sono passati i mesi e quelle braccia levate in alto a sostenere delle Agende Rosse sono diventate sempre di più, ed erano migliaia e il 26 settembre a Roma dove hanno riempito le strade e le piazze al grido sempre più forte, ripetuto, ossessivo di "FUORI LA MAFIA DALLO STATO".
La stampa. i mezzi di comunicazione li hanno ignorati, solo pochi giornali e qualche televisione secondaria hanno riportato quelle scene di vera RESISTENZA, ma intanto i legami tra quelle persone che erano già nati sulla rete, che si erano consolidati con la presenza fisica a Palermo, che si erano rafforzati a Roma sono diventati sempre più forti, le Agende Rosse sono diventate sempre di più e in tanti hanno capito che non possono continuare a delegare le iniziative sempre alle stesse persone, che non debbono più consumare la loro rabbia e la loro ribellione a un potere sempre più oscuro restando dietro una tastiera e uno schermo, ma è necessario mettersi in gioco in prima persona e persone che non lo avevano mai fatto hanno fatto nascere iniziative nuove, nuovi incontri e hanno cominciato a spostarsi da una città all'altra per essere sempre presenti a queste vere assemblee di partigiani di una NUOVA RESISTENZA e RESISTENZA è l'urlo con cui si salutano levando sempre più in alto e con un gesto sempre più forte di orgoglio e di sfida la propria agenda.
Ma intanto comincia a succedere quello che avrei voluto che non succedesse.
Da un lato alcuni raggruppamenti di quella che chiamano la Società Civile, cominciano a prendere le distanze da noi. In un sistema in cui le associazioni antimafia tendono a istituzionalizzarsi, a ricercare appoggi e fondi da organismi pubblici e che per questo sono spesso costretti a compromessi , le Agende Rosse vengono viste come una anomalia, come un un pericolo. Un movimento che vuole restare un movimento di opinione, una associazione virtuale tra persone mosse dagli stessi sentimenti e dagli stessi ideali diventa quasi un corpo estraneo, qualcosa di cui avere quasi paura perché diverso, e dai diversi ci hanno insegnato ad avere paura.
E noi per contro veniamo accusati di lasciarci strumentalizzare da un partito politico quando invece ad alta voce, proprio al congresso di quel partito abbiamo detto di volere mantenere la nostra identità e la nostra indipendenza, di essere noi a volere strumentalizzare quel partito, a volere spingerlo a diventare il partito della gente onesta, quel partito che purtroppo in Italia ancora non esiste e in cui tanti avrebbero voglia di ritrovarsi se esistesse o se qualcuno di quelli esistenti avesse il coraggio di diventarlo.
Dall'altro lato, da più parti, in tanti, in troppi hanno cominciato a volersi appropriare del nostro movimento, a volere parlare in conto e per nome di questo e del Popolo delle Agende Rosse .
Io non permetterò che questo succeda, l'Agenda Rossa ci è stata già sottratta una volta e a farlo sono stati quelli che hanno organizzato la strage facendola diventare l'arma di ricatto sulla quale si reggono gli equilibri di questa seconda repubblica fondata sul sangue, adesso non permetteremo che questa Agenda Rossa che è diventata simbolo della nostra lotta venga utilizzata da qualcuno per i propri particolarismi o per acquistare visibilità, non permetterò a nessuno di parlare in nome di questo movimento magari sostenendo, per accrescere la propria credibilità, di averne ricevuto la delega o il benestare da parte mia.
Chiunque può dire di appartenere a questo popolo se realmente coltiva dentro al suo animo gli ideali di Verità e di Giustizia attornio ai quali questo movimento si è formato, è cresciuto e si è consolidato, ma nessuno dovrà e potrà dire di parlare a nome degli altri.
Ma, contrariamente a quanto credevo, per evitare che chiunque possa arrogassi il diritto di farlo, è necessario darsi un assetto, una regolamentazione, anche se la sua forza deve continuare ad essere soprattutto la spontaneità, il sentire comune di quelli che in esso si riconoscono e ne fanno parte che hanno nel cuore gli stessi ideali e per questi ideali sono determinati a combattere le stesse battaglie che fino ad ora abbiamo combattuto.
Non esisteranno e non si rilasceranno tessere, non si richiederanno contributi di iscrizione, ma sarà necessario, per l'organizzazione logistica delle manifestazioni e per l'invio delle comunicazioni, disporre di liste di indirizzi email e di contatti su FB per potere comunicare e fare le "chiamate alle armi" quando sia necessario manifestare e riunirsi per condurre una battaglia in nome dei nostri ideali.
Fino ad un anno fa sembrava una utopia che potesse esistere, crescere e consolidarsi un movimento come "Popolo delle Agende rosse" ma invece oggi c'è e a tanti comincia a fare paura perché noi ci siamo e combatteremo fino all'ultimo perché il sogno di Paolo e dei suoi ragazzi si realizzi.
Ed è un sogno semplice perché è soltanto un sogno di GIUSTIZIA, di VERITA' e soprattutto di AMORE
Q
Adesione al Movimento Agende Rosse
IO SONO UNA AGENDA ROSSA
Organizzatore::
PER UNA NUOVA RESISTENZA
Tipo:
Incontri - Ritrovo
Rete:
Globale
Inizio:
mercoledì 3 febbraio 2010 alle ore 5.20
Fine:
mercoledì 2 giugno 2010 alle ore 23.55
Luogo:
Italia
Descrizione
, ti invito, con questo messaggio, a volere dare la tua adesione, se non lo hai già fatto, al Movimento delle Agende Rosse, adoperando a questo scopo il link allegato. Ti chiedo per questo di fornire alcuni dati che mi sono necessari per individuare, dal punto di vista territoriale, la dislocazione degli aderenti al movimento e per potere facilitare le comunicazioni tramite liste di distribuzione email dato che le comunicazioni attraverso FaceBook risultano particolarmente complesse per gruppi che superano i 5000 aderenti. Ti assicuro ovviamente che i dati forniti resteranno solo in mio possesso, che potranno essere cancellati nel momento in cui tu dovessi richiederlo e che verranno utilizzati solo per comunicazioni relative al nostro movimento.
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2425:form&catid=40:manifestazioni
Il movimento delle "Agende Rosse" è un movimento spontaneo a cui fino ad oggi non avevo voluto dare alcuna organizzazione ed alcuna veste ufficiale, è un movimento di giovani e meno giovani che hanno adottato questo simbolo per manifestare la loro rabbia e la loro voglia di Verità e di Giustizia.
Fino ad oggi quello che ora chiamano "il popolo delle Agende Rosse" era costituito prima da poche decine, poi da poche centinaia di giovani e meno giovani che venivano ai miei incontri e si indignavano con me a sentire la storia di questa agenda sottratta dalla macchina di Paolo Borsellino subito dopo la strage e mai più ritrovata, giovani e meno giovani che in ogni manifestazione in cui ci siamo ritrovati insieme in tante città d'Italia levavano in alto dei cartoncini rossi autocostruiti a rappresentare l'agenda, la loro rabbia e la loro voglia lottare per cambiare questo nostro disgraziato paese, perché finalmente venga fatta Giustizia.
Perché non ci può essere Giustizia, non si può credere nella Giustizia fino a quando non bastano, per arrivare alla fase dibattimentale di un processo, delle prove fotografiche e le riprese di una telecamera che mostrano chi dopo avere prelevato la borsa di Paolo che sicuramente quell'agenda conteneva, si allontana dalla macchina di Paolo ancora in fiamme,
Non bastano perché tutti i processi che potrebbero portare ai veri mandanti di quella strage devono essere fermati a costo di sbattere in faccia all'opinione pubblica sempre più distratta una sentenza di assoluzione assurda e un verdetto della Corte di Cassazione ancora più assurdo.
L'opinione pubblica è ormai distratta, assuefatta, rassegnata ma quei pochi esaltati con i loro cartoncini rossi levati in alto a poco a poco sono aumentati, sono diventati sempre di più, è cresciuta la loro rabbia e il 19 luglio di quest'anno è successo qualcosa di inaspettato.
E' bastata la loro presenza in Via DAmelio per fare si che, per la prima volta in 17 anni, gli avvoltoi che usavano venire ogni anno, in quel giorno, in Via D'Amelio ad assicurarsi che Paolo fosse veramente morto, si siano tenuti lontani e siano andati altrove a celebrare i loro riti di morte per un Giudice che non è morto ma è più vivo che mai nel cuore di quelle persone che alzano in segno di sfida, di rabbia e di amore le loro Agende Rosse.
Sono quelle stesse persone che, il 18 luglio, alle 15, sotto il sole a picco di Palermo quelle agende le hanno portate, su per le strade di pietra che da Via D'Amelio salgono al Castello Utveggio, un altro simbolo di Giustizia mancata e di Verità negata, e i massi lungo la strada sono stati riempiti di grandi scritte rosse che dicono "PAOLO VIVE" e le grida "FUORI LA MAFIA DALLO STATO", di "RESISTENZA" hanno rotto il silenzio di quel pomeriggio assolato lungo sentieri dove di solito si ascolta soltanto il frinire delle cicale.
E il 20 luglio quelle stesse Agende Rosse si sono ritrovate davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo per promettere ad Antonio Ingroia, a Nino Di Matteo, a Roberto Scarpinato, a Francesco Messineo, a Sergio Lari che sarebbero stati loro la loro scorta, che non avrebbero permesso che anche loro venissero eliminati, senza sangue ma con gli stessi vili metodi adoperati con Luigi De Magistris, con Clementina Forleo, con Gabriella Nuzzi, con l'intera procura di Salerno.
Poi sono passati i mesi e quelle braccia levate in alto a sostenere delle Agende Rosse sono diventate sempre di più, ed erano migliaia e il 26 settembre a Roma dove hanno riempito le strade e le piazze al grido sempre più forte, ripetuto, ossessivo di "FUORI LA MAFIA DALLO STATO".
La stampa. i mezzi di comunicazione li hanno ignorati, solo pochi giornali e qualche televisione secondaria hanno riportato quelle scene di vera RESISTENZA, ma intanto i legami tra quelle persone che erano già nati sulla rete, che si erano consolidati con la presenza fisica a Palermo, che si erano rafforzati a Roma sono diventati sempre più forti, le Agende Rosse sono diventate sempre di più e in tanti hanno capito che non possono continuare a delegare le iniziative sempre alle stesse persone, che non debbono più consumare la loro rabbia e la loro ribellione a un potere sempre più oscuro restando dietro una tastiera e uno schermo, ma è necessario mettersi in gioco in prima persona e persone che non lo avevano mai fatto hanno fatto nascere iniziative nuove, nuovi incontri e hanno cominciato a spostarsi da una città all'altra per essere sempre presenti a queste vere assemblee di partigiani di una NUOVA RESISTENZA e RESISTENZA è l'urlo con cui si salutano levando sempre più in alto e con un gesto sempre più forte di orgoglio e di sfida la propria agenda.
Ma intanto comincia a succedere quello che avrei voluto che non succedesse.
Da un lato alcuni raggruppamenti di quella che chiamano la Società Civile, cominciano a prendere le distanze da noi. In un sistema in cui le associazioni antimafia tendono a istituzionalizzarsi, a ricercare appoggi e fondi da organismi pubblici e che per questo sono spesso costretti a compromessi , le Agende Rosse vengono viste come una anomalia, come un un pericolo. Un movimento che vuole restare un movimento di opinione, una associazione virtuale tra persone mosse dagli stessi sentimenti e dagli stessi ideali diventa quasi un corpo estraneo, qualcosa di cui avere quasi paura perché diverso, e dai diversi ci hanno insegnato ad avere paura.
E noi per contro veniamo accusati di lasciarci strumentalizzare da un partito politico quando invece ad alta voce, proprio al congresso di quel partito abbiamo detto di volere mantenere la nostra identità e la nostra indipendenza, di essere noi a volere strumentalizzare quel partito, a volere spingerlo a diventare il partito della gente onesta, quel partito che purtroppo in Italia ancora non esiste e in cui tanti avrebbero voglia di ritrovarsi se esistesse o se qualcuno di quelli esistenti avesse il coraggio di diventarlo.
Dall'altro lato, da più parti, in tanti, in troppi hanno cominciato a volersi appropriare del nostro movimento, a volere parlare in conto e per nome di questo e del Popolo delle Agende Rosse .
Io non permetterò che questo succeda, l'Agenda Rossa ci è stata già sottratta una volta e a farlo sono stati quelli che hanno organizzato la strage facendola diventare l'arma di ricatto sulla quale si reggono gli equilibri di questa seconda repubblica fondata sul sangue, adesso non permetteremo che questa Agenda Rossa che è diventata simbolo della nostra lotta venga utilizzata da qualcuno per i propri particolarismi o per acquistare visibilità, non permetterò a nessuno di parlare in nome di questo movimento magari sostenendo, per accrescere la propria credibilità, di averne ricevuto la delega o il benestare da parte mia.
Chiunque può dire di appartenere a questo popolo se realmente coltiva dentro al suo animo gli ideali di Verità e di Giustizia attornio ai quali questo movimento si è formato, è cresciuto e si è consolidato, ma nessuno dovrà e potrà dire di parlare a nome degli altri.
Ma, contrariamente a quanto credevo, per evitare che chiunque possa arrogassi il diritto di farlo, è necessario darsi un assetto, una regolamentazione, anche se la sua forza deve continuare ad essere soprattutto la spontaneità, il sentire comune di quelli che in esso si riconoscono e ne fanno parte che hanno nel cuore gli stessi ideali e per questi ideali sono determinati a combattere le stesse battaglie che fino ad ora abbiamo combattuto.
Non esisteranno e non si rilasceranno tessere, non si richiederanno contributi di iscrizione, ma sarà necessario, per l'organizzazione logistica delle manifestazioni e per l'invio delle comunicazioni, disporre di liste di indirizzi email e di contatti su FB per potere comunicare e fare le "chiamate alle armi" quando sia necessario manifestare e riunirsi per condurre una battaglia in nome dei nostri ideali.
Fino ad un anno fa sembrava una utopia che potesse esistere, crescere e consolidarsi un movimento come "Popolo delle Agende rosse" ma invece oggi c'è e a tanti comincia a fare paura perché noi ci siamo e combatteremo fino all'ultimo perché il sogno di Paolo e dei suoi ragazzi si realizzi.
Ed è un sogno semplice perché è soltanto un sogno di GIUSTIZIA, di VERITA' e soprattutto di AMORE
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